D'ora
October 23, 2016
Non ascoltare la fuga del giorno
mentre derapano nuvole altere
e il cielo s'incuba di questa mia vita,
avrai, tu, un domani.
La notte m'incarna, ne sento le spine
che scrivono nomi senza memoria
su lembi di storia, la mia, la tua,
quest'unico foglio che fu o è stato
ciò che non è. Il sogno mi storna
dal calcolo bieco dell'ovvietà: fa di me
il suo resto, il reato dell'occhio
che non può guardare ciò che già vede.
Non mi ascoltare, non è questa voce
a dire qualcosa, qualcosa che sia
ciò che non è. L'una mi sverna, al lucernario
del vicino insonne c'è un posto isolato.
Da quell'avamposto ricorda il tramonto,
quando dal cielo si fruga la terra
per ricercare un vano riposo,
un trespolo, un'orma, la scia di un profumo
che dall'angoscia del sempre perduto
si fondi nel nulla.
Post in evidenza
I'm busy working on my blog posts. Watch this space!